Capperi

LA PIANTA DEL CAPPERO

Il cappero è un prodotto originario del Nord Africa e di alcune zone dell’Asia centro-meridionale importato dagli Arabi nel Mediterraneo  dove si diffonde nelle zone con un clima caldo. In Italia circa il 95% della produzione dei capperi avviene nelle isole di Pantelleria e Salina.
Il cappero è una pianta bassa che presenta una lunga radice da cui si dipartono molti fusti lunghi flessuosi e ricadenti. Le sue foglie, di colore verde tendente al senape, sono alterne, arrotondate e di consistenza carnosa. I fiori, che hanno quattro petali arrotondati e quattro sepali rotondi, devono essere raccolti quando sono dei boccioli non ancora aperti. Se non vengono raccolti si aprono verso sera e la mattina successiva iniziano ad appassire dando vita al frutto, il cucuncio: una bacca di color verde scuro e forma oblunga che giunta a maturazione si apre mostrando un gran numero di semi quasi neri.
La pianta non richiede terreni fertili o umidi, si accontenta di luoghi asciutti e soleggiati. Per questo la troviamo rigogliosa in zone aride, sui muretti a secco, nelle crepe di una roccia o di un vecchio edificio. 

IL CAPPERO DI PANTELLERIA

Pantelleria, con il suo terreno di origine vulcanica e la presenza di condizioni climatiche particolarmente favorevoli, offre un microclima ideale per lo sviluppo della pianta del cappero. Il cappero di Pantelleria si distingue da ogni altro per l’odore aromatico particolarmente forte e persistente, per il sapore intenso esaltato dal sale marino, per la forma globosa, la consistenza compatta e il colore verde tendente al senape.
La pianta è molto diffusa sull’isola sia come vegetazione che cresce spontanea un po’ ovunque sia come elemento che caratterizza fortemente il paesaggio rurale a ridosso dei tipici muretti a secco. La coltivazione si estende complessivamente su una superficie di circa 100 ettari.
Della produzione dei capperi si fanno tradizionalmente carico le piccole imprese familiari, all’interno delle quali si realizza l’intero ciclo produttivo: la coltivazione, la raccolta, la salatura. Si tratta di una lavorazione impegnativa che non può in nessuna fase ricorrere all’aiuto di mezzi meccanici. 

LE FASI DELLA PRODUZIONE: LA SCELTA DEL TERRENO E LA COLTIVAZIONE

I contadini si tramandano di generazione in generazione le pratiche legate alla coltivazione del cappero che inizia con la scelta delle piantine, dei terreni più esposti al sole e con la piantumazione. Il terreno impiantato deve essere lavorato e concimato in inverno mentre le piante devono essere potate con una certa frequenza e raggiungono la piena produzione dopo circa tre anni dall’impianto. 

LA RACCOLTA

La raccolta dei capperi è certamente la fase più impegnativa. Si svolge a ondate successive, distanziate da una decina di giorni tra un raccolto e l’altro, nel periodo che va da maggio a ottobre. È fondamentale che si svolga nelle ore meno calde del giorno: all’alba, prima del sorgere del sole, o nelle ore di luce del tardo pomeriggio. Sono le ore in cui la consistenza dei preziosi boccioli non risente delle alte temperature che si regi- strano durante il giorno e sono anche le ore meno calde per il contadino e la sua famiglia che riescono a sostenere la fatica di mantenere a lungo la posizione curva imposta dalla pianta che sfiora il terreno.
Non ci si improvvisa raccoglitori di capperi, e questo costituisce un ulteriore elemento di difficoltà nel trovare manodopera. La raccolta richiede destrezza e una particolare manualità, che i bambini acquisiscono seguendo i genitori fin da piccoli. I movimenti, che seguono l’andamento dei fusti dal colletto radicale fino alle punte, devono essere veloci ma anche delicati per non danneggiare i rami e i successivi raccolti. In assenza di una lesta manualità il volume dei minuti boccioli, che corrispondono a lunghe e faticose ore di lavoro, risulta irrisorio. 

LA LAVORAZIONE

Dopo la raccolta i boccioli vengono messi nei tini dove la massa dei capperi, a cui è aggiunto sale marino in misura corrispondente al 30-40% del suo peso, è rimescolata al fine di favorire la fermentazione lattica che conferisce le particolari caratteristiche organolettiche.
Trascorsi circa 10 giorni l’acqua di vegetazione prodotta con la salatura viene eliminata. Durante questa fase di lenta maturazione in salamoia i capperi acquisiscono le loro qualità più pregiate: aroma, consistenza, fragranza, sapore. Dopo questa salamoia i capperi sono scolati e posti in un altro tino, sempre con sale marino grosso, ma questa volta in misura del 20-25% del peso della massa e sottoposti nuovamente a mescolazione per altri 10 giorni. Trascorso il secondo periodo di salamoia la maturazione è completa e i capperi sono pronti per essere consumati.
La conservazione del prodotto con il sale marino costituisce per il consumatore una garanzia di qualità di fondamentale importanza. L’uso della conservazione in aceto, che insaporisce camuffandone il gusto, è infatti un espediente solitamente utilizzato per commercializzare capperi di scarsa qualità. 

L’UTILIZZO E LA CONSERVAZIONE

Prima di utilizzare i capperi in cucina, sono necessari piccoli accorgimenti che permettono di apprezzarne appieno il gusto. Devono essere lavati con acqua corrente in modo da eliminare il sale di conserva e se mantengono un sapore ancora salato, e poco apprezzato, possono essere lasciati per circa un’ora in una ciotola d’acqua. Dopo sono pronti per l’uso.
Per conservare i capperi, qualora siano stati acquistati in una confezione a sacchetto, basta travasarli con il sale di conserva in un barattolo di vetro e richiuderli con la capsula a vite, in modo che non perdano l’umidità, essiccandosi. Così conservati i capperi di Pantelleria durano anche diversi anni mantenendo la loro qualità.

I CAPPERI IGP

I Capperi di Pantelleria sono gli unici a cui è riconosciuta una qualità superiore sia dal Ministero Italiano delle Risorse Alimentari (decreto 2 Dicembre 1993, pubblicato sulla G.U.R.I. N.302 del 27/12/1993) sia dall’Unione Europea (reg.CE N.1107/96, pubblicato sulla G.U.C.E. L148/96 del 21/06/1996). Essi possono vantare l’indicazione geografica protetta (I.G.P.) che è il marchio doc per le produzioni vegetali. Si tratta di uno strumento molto utilizzato e apposto sul 70-80% dell’intera produzione isolana, che si aggira intorno ai 1500/2000 quintali.